Milano

Donne e tecnologia, l'Italia è 25ma in Europa per parità digitale di genere

Donne e tecnologia, l'Italia è 25ma in Europa per parità digitale di genere
Uno studio Bocconi e Plan International, con il supporto di Fondazione Unicredit, mette il nostro paese ben al di sotto della media europea e davanti solo a Grecia, Romania e Bulgaria. Nelle materie Stem laureate donne sono 40 per cento
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Il mondo della tecnologia non è ancora un posto per donne. L'Italia è al quartultimo posto tra i paesi europei per "parità digitale di genere". Dodici posizioni sotto la media europea e davanti soltanto a Grecia, Romania e Bulgaria. A dirlo è un report della Bocconi e di Plan International che fa il punto sul ruolo femminile in un settore mai come oggi chiave per lo sviluppo economico. La fotografia di un percorso a ostacoli che inizia da bambine e prosegue fino alla carriera, fra barriere culturali, stereotipi e pregiudizi ancora duri a morire."Nonostante le nuove tecnologie siano uno dei più forti driver della nostra società - scrivono gli studiosi - le donne continuano ad avere un accesso limitato al digitale in termini di educazione, carriera e opportunità, con conseguenze non solo in termini di gender gap ma anche di produttività e perdita finanziaria". Un divario allarmante se si pensa all'occupazione, proseguono, considerando che si stima che circa il 15 per cento degli italiani che lavorano è a rischio automatizzazione, che secondo il rapporto Future of jobs del World economic forum oltre il 65 per cento dei bambini che iniziano le elementari oggi finirà per svolgere un lavoro che attualmente nemmeno esiste. E sarà legato a doppio filo proprio con la rivoluzione tecnologica.  
 
Per mostrare lo scenario in cui ci troviamo i ricercatori mettono in fila studi e rielaborano gli ultimi dati disponibili a livello internazionale. Un lavoro della Commissione europea mostra che in Europa solo 24 laureate su mille hanno una specializzazione in tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di queste solo sei riescono a trovare lavoro nel digitale, dove complessivamente gli uomini sono più del triplo rispetto alle colleghe. Per l'economia europea si calcola poi che"la perdita produttiva annua collegata all'abbandono da parte delle donne di impieghi in ambito digitale sia di circa 16,2 miliardi di euro". E "sebbene le start up di proprietà femminile abbiano maggiore probabilità di avere successo, si rileva una diminuzione di partecipazione, leadership e investimenti femminili nel settore digitale e imprenditoriale". L'università milanese e l'organizzazione che si occupa di diritti di bambini e uguaglianza di genere, con il supporto di Fondazione Unicredit, per descrivere il quadro italiano sono partite da Internet:  le donne tagliate fuori dal Web, che ne sono completamente a digiuno, sono tutt'oggi più degli uomini: il 19 per cento della popolazione femminile contro il 15 per cento di quella maschile. Ma anche quando sono connesse, restano di parecchi punti indietro quando si vanno a guardarle le competenze digitali, pesate nei diversi Paesi attraverso gli indicatori di "Women in digital". È in questo che l'Italia incassa uno dei punteggi più bassi in assoluto, precipitando al venticinquesimo posto della graduatoria che vede in testa, per vita digitale e capacità al femminile, la Finlandia, seguita da Svezia, Lussemburgo e Danimarca. Eppure c'è una fascia di età, quella fra i 16 e i  24 anni dove la proporzione si ribalta e le ragazze risultano anche più abili rispetto ai maschi.  "Come si arriva a quel gender gap tecnologico nelle fasce successive? L'apprendimento della tecnologia è figlia del learning by doing, oltre che dallo studio". Si impara usandola. "Ma quando le donne diventano adulte e creano una famiglia, hanno meno tempo a disposizione per sviluppare la propria conoscenza tecnologica".
 
 Ed ecco il capitolo istruzione, che nelle nelle materie Stem  (Science, Technology, Engineering and Mathematics) vede i laureati maschi al 60 per cento contro il 40 per cento di donne.  La disparità non diminuisce quando muovono i primi passi nel mondo lavoro: a cinque anni dalla fine dell'università solo il 45 per cento di loro ha una professione stabile rispetto al 62 per cento degli uomini.  Per non parlare dei numeri che raccontano quei settori in fase di espansione più legati alle tecnologie: il Global gender gap report 2020, in collaborazione con Linkedin, indica otto professioni emergenti. I cluster sono: persone e cultura, produzione di contenuti, marketing, vendite, sviluppo del prodotto, dati e intelligenza artificiale. Ma solo i primi due vedono più donne che uomini. E in quelli in cui sono richieste competenze digitali e conoscenze delle ultime tecnologie il divario è enorme: nel cloud computing sono uomini l'83 per cento dei lavoratori, l'81 per cento nell'ingegneria, il 69 quelli impiegati nel data engeneering.  "Lo scollamento tra una percezione positiva nei confronti della tecnologia e che porta le ragazze a essere cinque volte meno propense dei ragazzi a iniziare una carriera in ambito tecnologico inizia in famiglia - spiega Paola Profeta, direttrice dell'Axa research lab on gender equality della Bocconi - dove culturalmente è sottovalutata la capacità femminile in ambito scientifico e continua a scuola, che non svolge un'adeguata promozione della cultura scientifica fra le donne". Lo studio mette in fila anche gli stereotipi e i pregiudizi più comuni su questo argomento che fa sembrare la tecnologia una "cosa da ragazzi". A partire dai giochi per l'infanzia dove quelli per le bambine sono raramente associati all'universo tecnologico.
 
 "Il divario digitale di genere non è solo una violazione del diritto delle ragazze e delle donne all'informazione alla partecipazione e dell'empowerment economico attraverso le tecnologie - conclude Concha López, a capo di Plan International Italia -  ma anche un'opportunità persa  per sviluppare il potenziale delle donne e delle ragazze nel mondo digitale. Il cambiamento può essere promosso solo affrontando le cause alla radice: abbattere le barriere di genere e gli stereotipi a partire dalla famiglia, alla scuola fino al mercato del lavoro".